Gioite – III domenica di Avvento, 17 dicembre 2023

Gaudete, gioite, saltate di esultanza, siate lieti nel Signore sempre: questo il succo della liturgia di oggi, terza domenica di Avvento.

A qualcuno queste parole potrebbero sembrare assolutamente inadeguate alla situazione che stiamo affrontando tutti assieme. Anche l’angelo Gabriele, l’8 dicembre 2023, Solennità della Immacolata Concezione della Vergine Maria, proprio come celebrato nei giorni scorsi, che coraggio ha di entrare nella casa e nel cuore di una ragazza ed esclamare con gioia: «Rallégrati, piena di grazia, il Signore è con te»? Sembra che l’angelo provenga veramente da un cielo impassibile, senza sentimenti e privo di alcuna vicinanza con noi che siamo in guerra. Sì, una guerra tra grandi, di cui noi persone semplici non riusciamo a comprendere fino in fondo gli aspetti economici, politici e religiosi.

Quale gioia ci è data da Dio e non ci verrà mai tolta? È solo ed esclusivamente la gioia di cui parla Giovanni Battista riferendosi alla testimonianza di Cristo. Papa Francesco parla della dolce e confortante gioia di evangelizzare. Il male si espande in modo subdolo, nascosto, cattivo. Invece, il bene porta dentro di sé la gioia del ricevere e donarsi. Ricevere il bene, traboccare di quanto accolto in dono e, con umiltà e semplicità, ri-donare.

San Paolo esclama con forza, nella prima Lettera ai Corinti: «Guai a me se non annuncio il vangelo!». Confrontiamoci con fiducia rispetto a questa semplice espressione. Io, la mia famiglia, la mia comunità, la Chiesa italiana, la Chiesa di tutto il mondo sente ancora risuonare come forte, grave, impellente, urgente questo «Guai a me!»? Oppure la Chiesa stessa è diventata succube di tanti poteri, si sente inerme di fronte ai potenti del mondo ed è pronta ad obbedire a qualsiasi legge, anche se tale ordinanza violi la necessaria libertà religiosa.

Sappiamo sfoderare l’umile, ma granitico coraggio di testimoniare Cristo in noi, o siamo semplicemente mediocri, tiepidi, uniformati piattamente alla maggioranza? Lo dico soprattutto a noi preti, ma anche a noi cristiani che veniamo ogni domenica a Messa.

C’è, sia in tutto il mondo sia anche nella nostra bella Italia tutto un pensare comune che dice: «lasciami stare, io penso e mi comporto come mi fa piacere e comodo». Tu, Chiesa, con i tuoi appelli alla conversione, ad avere un modello sicuro, dei sì e dei no senza mezza via… ci metti in discussione. Sei scomoda.

E se ancora è troppo presto o politicamente scorretto tagliarti la testa (quelli sarebbero dei barbari… noi siamo gente civile), non si rinuncia a tagliarti le gambe. Il profeta Isaia invece: «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: “Regna il tuo Dio”».

Quelle stesse gambe, quegli stessi piedi spezzati dall’ironia feroce, dal vilipendio, dal ghigno diabolico di una risata o di una pacca sulle spalle per addomesticare anche le cose più sacre.

Allora, Gaudete, Gioite… ma solo nella testimonianza che diventa martirio.

Lascia un commento