Tutto quello che il Padre possiede è mio; lo Spirito prenderà del mio e ve lo annuncerà. Santissima Trinità

Credere, sperare, amare Dio Trinità non è solo un’idea, un bel pensiero, un’intuizione magari parecchio affascinante.

Infatti Dio, già in se stesso, non è solitudine, lontananza, nemmeno un «motore immobile» (Aristotele). In quest’ultimo caso, egli sarebbe all’origine di ogni realtà, ma rimanendo perfettamente estraneo e lontano dalle nostre vite, speranze e ferite. Ma, grazie alla rivelazione biblica e soprattutto in base a ciò che Gesù stesso è stato, ha fatto e ha detto, ci viene regalato in dono Dio come relazione, affetto, Amore: questo cambia totalmente il nostro modo quotidiano di esistere e vivere.

La coppia di uomo e donna, la stessa famiglia umana, in Cristo, diviene immagine della Trinità come comunione e può trarre forza e luce da Dio.

La Chiesa cattolica, per essere compresa, ha bisogno di essere guardata come comunione e missione: solo Dio, che nella Trinità è comunione e fonte d’Amore, ci permette una fraternità autentica. Cioè, fondata non solo sul fatto che proviamo simpatia gli uni per gli altri e andiamo d’accordo (dimensione orizzontale), ma il nostro credere assieme trova una radice in Dio e si espande verticalmente. È allora che si spengono le invidie, le gelosie, i pettegolezzi e le critiche maliziose.

Le solennità celebrate in queste domeniche forse ci possono sembrare lontane della nostra esistenza quotidiana. Sia la presenza concretissima dello Spirito Santo, sia l’«incessante Amore» di Dio Trinità, ci indicano esattamente il contrario.

È come se sotto il tavolo della nostra cucina ci fosse un immenso tesoro con migliaia e migliaia di monete d’oro. Finché non lo scopriamo, la nostra vita può anche trascorrere nella fatica e nella fame. Ma, una volta scavato nel cuore più intimo della nostra casa e del nostro cuore, se abbiamo il coraggio di scombinare le nostre certezze e intraprendere quest’avventura, la nostra gioia sarà veramente piena.

Di fronte a una difficoltà, mi accontento di cercare di superare il problema come se fosse un ostacolo alla mia felicità, oppure provo anche a chiedermi cosa lo Spirito mi suggerisce attraverso la situazione concreta?

Un avvenimento inatteso, un dolore che non mi aspettavo proprio, una sofferenza improvvisa. Può trasformarsi in preghiera (alle volte anche in forma di ribellione!), occasione di crescita e di dialogo con Dio?