Contemplare e vivere l’Ascensione al cielo del Signore Gesù Cristo – Solennità dell’Ascensione del Signore Gesù Cristo, 21 maggio 2023

La solennità di oggi ci porta a contemplare e a vivere.

Contemplare Gesù che dopo aver vissuto per anni una vita come tutti insieme a suo padre e sua madre; dopo aver fatto del bene a tutti quelli che incontrava e aver annunziato l’amore sconfinato di Dio per ogni uomo; dopo aver amato i suoi fino alla fine nella sua passione, morte e risurrezione; dopo essere apparso ai suoi discepoli risorto e ancora vivo… ora sale al cielo, nell’intimità di amore con Dio Padre: ci mostra chi è veramente.

Siamo chiamati a vivere. L’umanità, ciò che siamo ognuno di noi, che Gesù aveva preso veramente con sé diventando uomo; l’uomo-Dio che ha pianto ed ha gioito; ha sofferto, è morto ed è risorto… ora ascende al Padre. Insieme a Lui ogni uomo ha una sola vocazione, un unico destino; trova la sua gioia piena in un solo movimento: ascendere anche noi, insieme a Gesù, nell’intimità dell’abbraccio trinitario tra Dio Padre, Dio Figlio e quell’Amore tanto concreto e personale da essere lo Spirito Santo.

Quanta delicatezza aveva avuto Gesù e quanta ne ha!

Con la sua Passione, Morte e Resurrezione, ci ha fatti uscire da quello stato di ‘esuli’, di ‘orfani’, dopo il peccato di superbia dei nostri progenitori, per riportarci là dove Lui oggi è salito.

Senza la speranza che un giorno anche noi torneremo a Casa, ci sarebbe solo la tristezza di chi vive in esilio, con il cuore che urla il suo desiderio di eternità, ma non ha le ali per arrivarci.

Oggi Gesù, davvero, come Figlio dell’uomo, dopo averci aperto le porte del Paradiso, ci precede, ci accompagna, per unirci a Lui, nella sola Casa dove l’uomo, se sincero, può desiderare di essere ospitato: l’eternità, il Paradiso.

Bisogna essere ‘morti dentro’, per non sentire la voglia del Cielo, di quella felicità, che è la sola ‘aria respirabile’, per il cuore di ogni uomo.

«Eppure l’universo non è chiuso – scriveva san Paolo VI – tutte le sue linee si prolungano all’infinito e orientano il loro sguardo verso il polo invisibile, da dove ogni cosa è misteriosamente magnetizzata. Il mondo è aperto ad una immensa aspirazione verso la pienezza, alla quale è sospeso tutto il suo avvenire. La sentiranno questa consolazione quelli a cui la terra non ha dato la felicità, e siamo noi tutti. Quelli specialmente i cui desideri furono ingiustamente delusi, quelli che sperarono invano il loro pane, la loro pace, il loro onore, il loro amore. Le Beatitudini del Vangelo sono per i poveri, i piangenti, gli umiliati, gli infelici.

La speranza cristiana – che viene da Gesù asceso in cielo – è il grande conforto per il dolore del mondo.

Guai a quelli che la spengono nel cuore del popolo che lavora e che soffre. La speranza cristiana è la grande certezza per coloro che combattono per un giusto ideale: suscita i poeti, i grandi ideali, i martiri, i santi. Essa è la garanzia che compensa coloro che vivono senza godere e muoiono senza avere abbastanza vissuto: è il domani beato per chi non ha avuto il suo oggi completo».

L’augurio che faccio a me e a ciascuno di voi è di vivere, come diceva chi l’ha conosciuto riferendosi a don Bosco, con i piedi ben piantati a terra ma con la mente e il cuore fissi in cielo.

Dal Vangelo secondo Matteo (28,16-20)

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».