«Pregare e sperare per tutti» – XXI domenica del tempo ordinario, 21 agosto 2022

Il brano del grande e sempre sorprendente profeta Isaia che abbiamo ascoltato ci parla di una tensione molto forte all’interno dello stesso mondo ebraico.

Esso, a partire da Abramo, era stato scelto, chiamato, eletto ad essere un popolo che, nella purezza del culto del vero Dio, fosse un piccolo segno tra i popoli impuri e peccatori.

Allora sono nate due correnti nel pensiero israelitico: una che pensa «solo noi siamo i salvati»; e chi invece ritiene che la salvezza di Dio sarebbe stata destinata a tutti i popoli, se il peccato non li avesse allontanati dal Signore. Da questo ultimo pensiero e dall’incontro concreto con altre popolazioni, nasce questa consapevolezza nuova, meno fondamentalista, che giunge persino ad affermare con Isaia: Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore.

Mi pare proprio che questa tensione tra chi sta dentro e chi sta fuori, tra i cosiddetti veri fedeli e i nuovi pagani, stia attraversando anche la Chiesa del 2022.

C’è chi vuole con tutto se stesso essere assolutamente seguace di Cristo, si sente parte di una organizzazione (anche se in evidente decadenza: le vocazioni, i battesimi, i sacramenti, le presenze domenicali specie dei giovani diminuiscono) e cerca, almeno nel suo piccolo, di fare il bene. Ma manca di speranza e etichetta inevitabilmente come peccatori – in quanto definiti solo dalla loro lontananza dal nostro Dio – tutti gli altri.

Qualcun altro, su tutt’altro versante, ha preso talmente sul serio il dialogo con chi non fa parte della Chiesa cattolica, o non è strettamente praticante (in realtà, la grandissima parte del mondo del 2022 – si calcola che alle Messe domenicali partecipi meno di 1 su 10 dei battezzati e che ormai i battezzati siano circa 1 su 10 dei bambini nati – non si riconosce o dice di non trovare il tempo, la forza, il valore di ciò che stiamo compiendo in questo momento, l’Eucaristia); si è tanto dialogato da mettere sullo stesso piano Buddha e Madre Teresa, il nostro Dio e quello dell’islam, facendo di tutto un allegro minestrone. Ci sono cristiani che parlano di circolazioni di energia, superstizioni, forze maligne o benigne che non si sa da dove arrivino…

Da qui nasce la domanda del vangelo: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?»

È da notare che Gesù si sta incamminando verso Gerusalemme, verso il compimento della sua missione a vantaggio di tutta l’umanità disponibile a credere in Lui.

Si innesca il dramma della libertà: perché, in base a cosa, devo scegliere di seguire Gesù e non un altro, magari più comodo?

Probabilmente chi ha fatto la domanda ha intuito appunto che Gesù sta salendo a Gerusalemme, dove il Signore sarà rifiutato e ucciso. E quale ne è la sorte di coloro che lo seguono?

Da una parte Gesù chiama operatori di ingiustizia! tanti che credono di salvarsi da soli, solo perché hanno mangiato, bevuto con lui, l’hanno semplicemente ascoltato. Mi arrischierei a dire che si tratta di una conoscenza solo formale, di facciata, di struttura, ma non di cuore.

Affermare con forza da parte di Gesù che Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi

 non significa mettere sullo stesso piano il Dio di Gesù Cristo e la divinità evocata, ad esempio, da Maometto.

In sintesi estrema:

  • No a chi crede che l’inferno è vuoto, non lo sappiamo, non ci è dato ancora di saperlo;
  • No a chi dice che il paradiso è nostra proprietà: la misericordia di Dio è molto più grande di quanto potremmo aspettarci.

Piuttosto, proviamo a pregare e vivere nella speranza per tutti. Non è ancora il tempo delle certezze su chi e come vivrà nei tempi futuri. Ma un dovere lo abbiamo: è proprio quello di pregare e sperare, sperare senza confini, da oriente e da occidente. Verità e speranza ti riconducono ad un abbraccio con il vero Dio di Gesù Cristo!